mercoledì, gennaio 25, 2006

Un nuovo marchio bulgaro del vino per la Gdo statunitense

Avevo già menzionato l’argomento Europa dell’Est e vino nelle scorse settimane, in un post sulle dichiarazioni di Assoenologi in merito all’allargamento a 25 dell’UE. Oggi leggo, sullo stesso sito, Winebusiness, due notizie diverse che parlano proprio di Est, e in particolare della Bulgaria.
In un mercato del vino come quello statunitense, con i consumi che crescono e con Australia e Italia in testa alle importazioni, dai dati pubblicati su AC Nielsen è risultato che tra i pochi paesi a diminuire la loro quota di mercato nelle importazioni sono proprio i paesi dell’Est Europa, insieme al Cile. Ma nessuno tiri un sospiro di sollievo – se poi c’è davvero da essere sollevati. Al tempo stesso, è proprio di oggi la notizia che la società californiana Bulgarian Master Vintners ha creato il primo marchio di vini bulgari per la Gdo. Questa società di importazione californiana specializzata in vini selezionati bulgari ha quindi deciso di sfruttare la propria esperienza decennale sul mercato statunitense. Ne é nato un brand, “VINI” dal nome inquietante. Sarà pur vero che si parla di mercato statunitense e non italiano, quindi non vale la regola “non puoi depositare il marchio “acqua””, ma temo che o questo brand si perderà nei meandri di Google, oppure non si potrà più fare una ricerca generica senza imbattersi in questi “VINI”.
Ad ogni modo, il marchio, ideato dal presidente di Bulgarian Master Vintners, Vance Petrunoff, è stato pensato per colpire il target del conoscitore di vino statunitense, senza però rischiare di spaventare i novellini e con un prezzo suggerito a scaffale di $ 7,99. Per ottenere questo prodotto, Petrunoff e il winemaker Miro Tcholakov sono andati in Bulgaria dove hanno acquistato i vini, li hanno tagliati e imbottigliati presso la Boyar Estates, un’azienda moderna nella Tracia, zona della Bulgaria meridionale dove vengono allevati soprattutto Cabernet e Merlot.

giovedì, gennaio 12, 2006

7 cose da sapere sui consumatori cinesi

Da una ricerca della JWT realizzata da Tom Doctoroff dal titolo “Twelve Facts about the Confucian Consumer” e pubblicata su Mediapost. Da notare che nel corso del 2006 uscirà un libro scritto su questo argomento dallo stesso Doctoroff con interessanti notizie per gli imprenditori statunitensi (e magari italiani!) che vogliono investire in Cina (edito da Palgrave Macmillan).

1. I cinesi, a differenza degli americani, mettono l’ananas e non i salumi sulla pizza. Tutti i cibi sono divisi in caldi e rinfrescanti, e queste due sensazioni devono essere bilanciate in ogni momento, quindi la pizza (calda) va unita all’ananas (rinfrescante). - Problemi per l’abbinamento cibo-vino??
2. In China, "fresco" vuol dire "vivo." Un’eredità del taoismo, i cinesi sono profondamente contrari ai conservanti prodotti dall’uomo – per i cinesi quindi, il vino vero si fa in vigna, non in cantina! Ma non l’abbiamo già sentita questa? ;-)
3. Nella società confuciana, secondo Doctoroff, lo status sociale è un investimento, quindi i consumatori fuori casa puntano al premium price (straniero) e all’esclusività. A casa, la sensibilità al prezzo aumenta drasticamente. – vino cinese a casa e grandi vini italiani, francesi o californiani al ristorante?
4. I cinesi non organizzano mai dinner-party (cene con un gruppo di amici). La casa è un luogo di rifugio e fuga. La comodità e il conforto sono i concetti chiave. Nessuna necessità quindi di fare offerte sulle casse di vino!
5. Più dell’80 per cento delle coppie di Shangai si sposano con un anello di fidanzamento, rispetto a nessuno giusto un paio di anni fa. In un mondo che cambia, gli uomini devono dimostrare il loro amore con i fatti. - Una bottiglia di vino è per sempre – De Vins.
6. Una donna di potere decora il suo cellulare da 1000 $ con adesivi di Hello Kitty. Deve dimostrare che è dolce fuori, ma più simile alla Thatcher dentro – ok quindi alle marche di vini come “Flower Label” di Georges Duboeuf, basta che all’interno ci sia un vino molto strutturato da 16%.
7. In Cina, la bellezza femminile è uno strumento di emancipazione per le donne. La chirurgia plastica diventa importante per trovare un lavoro, non un uomo. – Ok quindi alla vinoterapia: non in luoghi sperduti da ultra relax, ma nel beauty centre sotto l’ufficio!

domenica, gennaio 08, 2006

USA e vino: Italia batte Francia

La Coldiretti ha annunciato ieri dati ancora molto positivi sulla performance del vino italiano negli Stati Uniti in relazione alla Francia. I risultati, ottenuti dall'elaborazione dei dati raccolti dall'Italian Wine Food Institute e relativi ai primi 10 mesi del 2005, confermano la performance positiva che ha già fatto notizia nel corso dell'anno passato. "Per ogni bottiglia di vino francese venduta negli Stati Uniti i consumatori americani ne hanno acquistate quasi tre di vino made in Italy" hanno dichiarato alla Coldiretti, con un aumento a valore delle importazioni nel 2005 pari al 15,7%.

Fonte Adnkronos

Foto di Ivonne Stepanow

sabato, gennaio 07, 2006

Macché Cina, puntiamo alla Norvegia!

Ovviamente si tratta di una provocazione, visto che i numeri parlano chiaro e la popolazione cinese è notoriamente più numerosa di quella norvegese – e poco ci vuole comunque. Tuttavia, ho trovato interessante la notizia della crescente popolarità del vino per il consumatore norvegese, soprattutto vista la particolarità del mercato norvegese rispetto ad altri mercati europei.

Il quadro economico
Innanzitutto è bene ricordare che la Norvegia non fa parte dell’Unione Europea, dopo due referendum (1972-1994) dai risultati negativi. Malgrado questo, esistono accordi particolari all’interno dell’Agreement on the European Economic Area (EEA) tra UE, Norvegia, Islanda e Lichtenstein che rendono più semplici i rapporti commerciali.
Il quadro economico della Norvegia, sembra molto positivo, con un reddito pro capite pari a 35 mila euro annui, buone prospettive di crescita, e conti dello stato da far invidia grazie soprattutto alle esportazioni di petrolio.

Il monopolio del mercato
La vera particolarità del mercato norvegese delle bevande alcoliche, sta nell’introduzione di un monopolio di stato per la gestione del mercato del vino, Vinmonopolet. Eliminare i profitti privati dal commercio del vino, ha contribuito secondo il governo norvegese a controllare meglio il consumo di alcolici (da sempre un problema nazionale). Vinmonopolet si occupa quindi della distribuzione, attraverso una fitta catena di punti vendita in cui i commessi si curano anche dell’aspetto sociale del consumo di alcolici, in riferimento, ad esempio, all’uso di alcolici tra i giovani. Non è un caso se Vinmonopolet si definisce una moderna catena di distribuzione con una forte responsabilità sociale. Dal sito di Vinmonopolet emerge poi che lo sviluppo di questa catena di punti vendita sia stato secondo loro “imposto” dalla Francia, per assicurare in tutto il paese una distribuzione stabile e continua dei loro vini. In tutta onestà non riesco a capire come un paese estero possa avere alcuna sovranità su un monopolio nazionale... ma forse chi si lamenta che certe politiche nell’UE siano decise esclusivamente da Francia e Germania dovrebbe pensare a quei poveri norvegesi che neanche fanno parte dell’UE.

Il consumatore norvegese e il vino
Vinmonopolet pochi giorni fa, ad ogni modo, ha annunciato delle stime di vendita pari a 53,5 milioni di litri di vino per quest’anno, con un incremento del 22% rispetto al 2000. Questi dati riflettono solo il monopolio e non le importazioni private. Questo, secondo Jens Nordahl di Vinmonopolet, è causato da un miglioramento della qualità della vita in Norvegia e da un aumento del numero di negozi che vendono vino. Non solo, i norvegesi si stanno appassionando alla cultura del vino durante i loro viaggi, soprattutto quelli nel Mediterraneo. E sulla scia di questa nuova passione si sta sviluppando una nuova ristorazione filo-mediterranea e come si sa, lo sviluppo della ristorazione è il primo volano per le esportazioni di vino all’estero.

Foto di Tomasz Szurkowski

lunedì, gennaio 02, 2006

Vini spagnoli negli Stati Uniti, il contrattacco

Dopo la recente crescita delle esportazioni di vini italiani negli Stati Uniti, gli spagnoli passano al contrattacco attraverso gli uffici statunitensi dell'equivalente spagnolo dell'ICE, l'Icex.

Wines of Spain è il brand che ha sviluppato l'Icex per promuovere i vini spagnoli all'estero. Dagli uffici di New York, è partita una nuova campagna affidata alla Cornerstone Communications, agenzia della Grande Mela specializzata in pubbliche relazioni e comunicazione per istituzioni ed enti governativi. La campagna, che si focalizza principalmente sull'Albariño, prodotto nella Rias Baixas, in Galizia, è suddivisa in attività dirette alla distribuzione e ai consumatori nella fascia di età 25-45 anni. Gli Stati Uniti del resto rappresentano il 45% delle esportazioni della Rias Baixas.

Alla base della campagna, dal titolo Exceptional with everything, or nothing sta l'intenzione di aumentare la conoscenza dell'Albariño anche attraverso una serie di degustazioni, per dimostrare la versatilità di questo vino nell'abbinamento col cibo e incoraggiarne al tempo stesso il suo utilizzo come aperitivo. Exceptional with everything, or nothing si affianca ad altre attività già established di promozione dei vini spagnoli, come The Great Match: Wine & Tapas 2005, una degustazione itinerante di 200 vini spagnoli in abbinamento con tapas di ispirazione internazionale, in 6 grandi città statunitensi; o ancora Celebrate Spanish Wines.

Attraverso il sito di WinesfromSpainè possibile, per il consumatore statunitense, ordinare gratis una guida ai vini spagnoli dal titolo "Far from ordinary Wine Guide 2005-06".
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